back to the future/Dorset Devon Cornovaglia parte I

C'era già stato un periodo di distacco da questo blog. C'era stato e non mi capacitavo di come potessi lasciar perdere o abbandonare anche solo per pochi giorni uno spazio così mio e così vero, senza secondi fini, senza la pretesa di essere sempre così maledettamente aggiornato. Poi ho capito che se lasci passare anche un solo giorno di troppo, quello dopo ancora è già tardi per ritornare indietro. In men che non si dica passano le settimane, poi i mesi, poi ti dimentichi quasi di averlo, uno spazio tuo. Nemmeno lo guardi più, nemmeno rientra nelle pagine che visiti la mattina appena accendi la tua finestra sul mondo virtuale. Ogni tanto ci pensi eh, al tuo blog abbandonato, ma nessun post è mai adatto per rompere un silenzio durato mesi, e allora lasci perdere di nuovo. Tanto il tempo di fare dei post fighi non ce l'hai, i minuti da passare per editare le foto belle delle vacanze, nemmeno. Scrivere cose caustiche come spesso ti viene normale fare, diventa difficile. La lucidità svanisce, il tempo perso prende il sopravvento e allora ti spari un colpo in bocca. Scherzo.

Ho capito perché ho lasciato in disparte questo posto per un po'. Mi ricorda i miei ultimi anni. Gli ultimi anni in cui lavoravo ancora nel mio ufficio, in redazione, con i miei colleghi. Questo blog è come se fosse una cosa vecchia, come se parlasse di una mia vita prima, prima del grande freddo, prima della Liegi-Bastogne-senza ritorno a Liegi, prima del tuffo nello spazio. Ma tant'è, le cose cambiano, io ho deciso di lasciare dopo dieci anni la redazione e di mettere a frutto quest'esperienza, e ora - presa comunque tra mille lavoretti - mi sto prendendo un periodo sabbatico.

Che poi è così, già lo sapevo, basta appoggiare le dita sulla tastiera, scrollare la testa come i cani bagnati quando escono dall'acqua, e via che si parte.

A dire il vero la spinta di questo ritorno me l'ha data il blog di Chiara Ma che davvero?
Era un po' che non la leggevo, ma visto che tornerò a Londra tra due settimane, volevo vedere se aveva scritto qualcosa in merito al tempo glaciale che ha abbracciando la City. Ha scritto in realtà anche molte altre cose, molto belle, molto come le penserei io... Sarà che in Cavaliere Mascherato ama Londra e tutta l'Inghilterra, sarà che avendo vissuto lì per tre anni non vede l'ora di ritornarci, sarà che se non ci torno anche io almeno due volte all'anno mi manca il fiato, ma mi sento molto vicina a Chiara che in questo momento vive lì. Sarà poi che ha fatto un bel post sulla Cornovaglia e che mi son detta quanto sono scema a non aver fatto ancora il mio, su quella bellissima vacanza nel sud dell'Inghilterra all'insegna di campagne verdi, oceano e birre. E allora eccolo.

luglio / agosto 2012

Atterrati all'areoporto di Londra ci accingiamo a ritirare la nostra super auto blu puffo che si rivelerà un chiodo micidiale, ma vero anche che gli inglesi non sono dei folli corridori e in strada si va più che bene (magia, tutti rispettano i segnali). Prima di andare a Bath dove sosteremo per la prima notte, ci fermiamo ad Oxford perché io non ci sono mai stata, volevo darci una sbirciatina veloce, ma soprattutto volevamo berci una cazzo di pinta. Ed eccola, qui accanto, in tutta la sua maestosità. E' iniziata ufficialmente la nostra vacanza in Inghilterra, cheers.

Bath è molto carina. Mi è sembrata un tantino dispersiva, ma vero è che l'abbiamo raggiunta nel tardo pomeriggio, giusto il tempo di vedere le terme romane (pazzesche. giuro) e fare un giro in centro per gustarci altre due birrette e un pasto ricostituente.



La cosa veramente figa di Bath è stato il B&B dove abbiamo pernottato. E' stato tutto come me lo immaginavo: la stanza, la signora che ci ha accolto e che si è sciolta con il Cavaliere Mascherato (tutte le sciure si comportavano con lui, maledetto italiano che parla così bene l'inglese... tzè), la sala della casa dove abbiamo fatto colazione, le foto dei parenti sul camino, le sedie con lo schienale alto, il patio, la veranda, lo stile vittoriano. Tutto. Perfetto.





Il secondo giorno è destinato ad Exter, città bellissima, attraversata da un fiume, con una cattedrale meravigliosa e un'università che ha ospitato Thom Yorke (esticazzi). Prima di arrivarci però, sulla mappa (benedetto siano l'iPhone e il carica batteria per l'auto), noto che appena sopra Bath, proprio difronte al Galles, c'è Portishead. Portishead non è solamente un paesino collinare sul mare, verde, residenziale e silenzioso con una età media di 60 anni, no, è anche la città da cui ha preso il nome l'omonima band e nella quale ho assaporato dopo molto tempo una buonissima pinta di Bass Pale Ale.
E vuoi non andarci a Portishead, che è lì a solo 40 km? e andiamo per Dio!


Sono le 11 del mattino, il bello dell'Inghilterra è che nessuno ti guarda mai storto se a quell'ora sorseggi una buona birra inglese, spillata alla pompa, senza il gas, che fa al massimo 4 gradi. Ci rimettiamo in viaggio scaldati dal sole splendente in cielo. L'Inghilterra piovosa e ventosa che tutti hanno in mente (e che esiste per davvero, sia chiaro), qui nel Somerset sembra essere stata sostituita da un cielo limpido e un sole alto che mi fa osare addirittura le infradito (oltre ai pantaloncini, ovvio).
Tagliamo da nord a sud la contea del Somerset, arriviamo al confine con il Dorset e ci fermiamo a Taunton. Non conoscevamo la località, ma durante il tragitto, per spezzare il viaggio, mi sono messa a cercare free house degne di nota (per intenderci sono pub indipendenti, l'impianto delle birre è loro, non sono legati a nessun marchio specifico multinazionale e possono permettersi di ospitare quante più birre diverse vogliono). Se cercate on line CAMRA (compagnia per tutelare le real ale, ovvero birre artigianali inglesi) scoprirete un mondo super organizzato fatto di festival, pub, indicazioni e locali magnifici. Visto che tanto al pub bisogna andare, perché non cercarne uno che faccia davvero la storia? E allora eccoci qui, in questo paese fatto a misura d'uomo, uno dei più carini che ancora mi ricordo dell'intero viaggio, sorprendente, pulito, ordinato. Ed ecco il pub, non uno qualunque, ma il pub premiato come il miglior locale del Somerset. Mica cazzi. Entriamo ed è subito magia. Ci soffermiamo a guardare le spine, ordiniamo un paio di pinte e sgranocchiamo qualche patatina. Ivano fa subito conversazione con due signori al banco, il luogo dove avvengono gli incontri più indelebili, con la gente normale, quella che sa davvero raccontarti qualcosa e ti accetta subito.


Non abbiamo tempo da perdere, così dopo un breve giro in centro riprendiamo l'auto e ci dirigiamo ad Exeter, dove pernotteremo in un albergo vicino al centro.
Quando ci arriviamo è sera, fin troppo tardi per poter pensare di lasciare i bagagli in albergo, rinfrescarsi e uscire a mangiare al pub. Qui si mangia presto e i locali chiudono massimo alle 23. Tira un po' di vento, ma il panorama è mozzafiato per via del tramonto imminente. Raggiungiamo a piedi il lungo fiume e sembra di essere ai Murazzi a Torino. I rimessaggi delle barche sono stati trasformati in locali, lungo le rive centinaia di ragazzi sono seduti con pizze e birre e chiacchierare e a godersi la temperatura. E' stupendo. E siamo solo al secondo giorno.
La mattina ci svegliamo presto per goderci Exeter by day, ed è davvero memorabile. L'università, il centro, la cattedrale, i negozi. Tutto fatto a modo.



Da Exeter ripartiamo in direzione Torquay. Lasciamo il Dorset e mettiamo piede nel Devon. Partiamo la mattina presto e ci arriviamo a metà mattinata, giusto il tempo di parcheggiare tra parchi e zone verdi e dirigersi verso il centro. Torquay da subito ci da l'idea di essere un posto di villeggiatura per anziani. Una sorta di Alassio de no artri. Bella è bella, le vie della zona centrale sono ampie, bianche, pulite, piene di negozi di ferramenta, alimentari e articoli per la casa. Troviamo quello che dice essere il più antico fish and chips della città e non ce lo facciamo scappare. Ci sediamo su una panchina al sole, con un panorama mozzafiato, il rosso delle rocce che si tuffa nel verde del mare, e consumiamo il nostro pranzo salutare.


Da Torquay ripartiamo in direzione... a caso. Io sulla mappa mi era segnata delle zone, delle tappe che di certo avremmo visitato, ma in verità mentre si viaggiava in macchina con la cartina davanti, andavo oltre e guardavo quali cittadine avremo toccato, andavo su Google image e guardavo se erano cittadine caratteristiche o meno, se mi ispiravano, se avevano pub degni di nota o altro. Ecco, l'Inghilterra noi la si è girata così. In questo modo abbiamo scoperto il paesino di Newton Abbot, appena sopra Torquay e quasi all'inizio della foresta del Dartmoor. Il paesino non offre niente di particolarmente affascinante, ma quando poi si arriva alla sidreria più antica della zona, tutto cambia. Qui il sidro è il prodotto ufficiale, nel Devon la produzione di sidro è magistrale. Una bevuta veloce e quattro chiacchiere con la gente del posto e ripartiamo, per sera dobbiamo raggiungere Plymouth.


Saliamo ancora un po' e ci infialiamo dritti nella foresta del Dartmoor, uno dei posti più suggestivi dell'intera vacanza, un luogo che meriterebbe un paio di giorni di visita. Appena entri nella macchia scura della foresta tutto cambia, il paesaggio si allunga, le strade si stringono, e si attraversano paesini minuscoli formati da quattro case e due pub. Noi scegliamo di fermarci a Widecombe in the Moor. Su internet avevo visto che c'era un fantastico locale e così è al nostro arrivo. Il posto è magnifico, c'è una chiesa molto bella, un percorso da fare a piedi, pub meravigliosi e anche qualche negozietto per comprare qualche souvenir del Devon.





Lasciamo il Dartmoor con un po' di dispiacere e ci dirigiamo a Plymouth. Dobbiamo ancora trovare dove dormire. Arriviamo al paese ma subito ci sembra fin troppo caotico e grande rispetto a quelli che abbiamo visitato fino ad ora. Entriamo in un pub per andare in bagno, nemmeno ci salutano e i clienti ci guardano storto. L'atmosfera non ci piace, la città è piena di traffico e non riusciamo a girarla bene... 'Fanculo Plymouth, ce ne andiamo altrove. 
Attraversiamo un ponte bellissimo (anche se nel momento stesso in cui l'ho visto all'orizzonte mi son messa paura vera...) ed enorme che porta dal Devon direttamente alla Cornovaglia. La nostra meta, adesso, a metà pomeriggio, è Looe, un paesino vicino a Polperro che è un'altra delle nostre mete.
Lasciamo le contee di foreste pecore e pub in legno per raggiungere la vera zona turistica del sud dell'Inghilterra. D'ora in poi il paesaggio sarà diverso, paesini pittoresche, barche e negozietti di antiquariato e di oggetti homemade la faranno da padrona. Arriviamo a Looe tardi, o almeno tardi per l'orario inglese. Siamo quasi all'ora di cena, troviamo subito un B&B (stu-pen-do!) e ci dirigiamo al paesino per guastarci una buona birra. Troviamo un market aperto e ci fiondiamo a prendere due tramezzini... Stasera si cena così.



Quando ci svegliamo facciamo colazione come piace a noi, uova strapazzate, caffè in abbondanza, pane tostato, burro, marmellata, bacon... tutto! Looe ci regala un cielo tipicamente inglese. Finalmente possiamo spendere qualche minuto per vedere il paese di giorno. Facciamo un giro tra i negozi molto carini ci spingiamo fino alla spiaggia. Le barche sono ormeggiate e molo divide il mare aperto dal canale in cui entrano le barche dei pescatori. Alcuni ragazzi sono in acqua a fare il bagno mentre il cielo non ha ancora deciso se versare acqua o meno. I gabbiani cominciano ad essere sempre più presenti, grossi e divertenti. Staremo a vedere...









Il quarto giorno sta per cominciare. La Cornovaglia è immensa rispetto al giro che vogliamo fare. Dobbiamo accelerare un attimo e renderci conto che poi c'è anche il ritorno. Mancano cinque giorni al ritorno a casa. 

(continua...)





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