Mi piace uscire quasi per ultima dall'ufficio.
Camminare trascinandomi dietro una valigia a rotelle da Missori fino a Loreto.. perché Milano è bella, e parlare a lungo, mentre si cammina a lungo, è formidabile.
Intanto ti guardi attorno e osservi, ridi e ascolti le persone che ti passano accanto vivendo un po' delle loro storie.. e poi ridi ancora perché le storie degli altri sono sempre più divertenti delle tue.
O quasi.
Pensi che sei amata, ma non hai tempo, voglia e bisogno di esserlo. Anche se sai che forse non è così.
Allora cammini. Non ti fermi e continui ad andare: "Scendiamo alla prossima?".
E mentre lo fai pensi che è molto strano che il tuo tallone che soffre di tendinite cronica non abbia ancora preso fuoco e urlato pietà.
E che non ti abbia ancora mandato a 'fanculo perché ti ostini ad indossare scarpe senza suola.
Incontri una che in inglese e a gesti ti chiede una sigaretta.
Non fai in tempo a mettere via il pacchetto e a cercare l'accendino in tasca che la miss ti dice battendo i piedi che se le dai d'accendere forse riesce anche a fumarla. Ma certo.
Chissà se anche in Inghilterra si usa dire "Vuoi anche un polmone?"
Arriva il momento di scendere sotto terra: Loreto, linea verde. Sono le 20.20
Salgo a fatica sul vagone, l'ultimo.
Arrivo a destinazione.. qualcuno direbbe 'verso le colonne d'ercole'.
Questa volta scendo alla fermata di Cascina Antonietta, uno dei posti più inculati al mondo.
Penso che come località esista solo in funzione del metrò.
Ha l'unico parcheggio dove non passano per la pulizia strade e non fanno il mercato comunale.. mi fa venire gli occhi lucidi.
E' comoda, come stazione, quando devi lasciare la macchina parcheggiata a lungo.
La metto lì anche perché l'ultima volta l'ho messa a Gorgonzola per cinque giorni. Me l'hanno portata via.
Stai davvero per arrivare.
Stai davvero per staccare la spina da tutto.
Casa è sempre più vicina.
Scendi dall'ultimo vagone in una stazione in cui non accendono nemmeno tutte le luci.
In particolare alle nove e un quarto di venerdì 21 dicembre.
Sei la sola a scendere a lì.
Esci dalle porte, appoggi la valigia a rotelle e ti fermi.
Metti bene la sciarpa, i guanti e poi il berretto.
Prendi il sacchetto dei regali, allunghi la maniglia e sei pronta ad uscire (prima, ovviamente, di aver fatto due rampe di scale).
Esci e scuoti la testa.
Poi fai un sorriso, ma è di imbarazzo con te stessa.
Poi chissenefrega, non c'è in giro nessuno e ridi tanto.
Il parcheggio enorme è ormai deserto e tutto ghiacciato.
La mia Punto Sole mi attende da una settimana al freddo e al gelo e ora che non ha nessuna macchina attorno mi rendo conto di come cazzo l'ho parcheggiata. Ma lasciamo stare.
Mi avvicino e tiro fuori le chiavi.
Cerco di aprire la portiera dietro per infilare la valigia, ma per prima cosa scelgo di accendere la macchina, sempre se parte ancora, e cominciare a scaldarla.
Poi mi avvio a recuperare la valigia lasciata in solitaria ad attendere davanti alla portiera posteriore.
Mi avvicino alla maniglia.. tiro. Forte. Tiro forte. Ma non si apre. E' completamente congelata.
Allora metto il cadavere a rotelle nel baule, chiudo e salgo in auto.
Prendo il disco orario che funge anche da spatola per grattare via il ghiaccio e comincio l'opera.
Sono lenta, non ho freddo e non ho fretta.
Sono da sola in un parcheggio con intorno campagna e poche case.
Tolgo il ghiacchio con una precisione certosina (io? ..si, io!).
Poi. Mi fermo un attimo.
Tiro un lungo sospiro.
Nick Drake mi suona "Which will" e poi mi coccola con "Horn".
E sto bene come mai.
Salgo in macchina e prendo a tornare a casa.
Arrivo, parcheggio, tolgo il cadavere-valigia dal baule, apro il cancello, salgo in ascensore e apro la porta di casa. Casa mia.
I miei mi hanno chiamata nel pomeriggio per dirmi che sarebbero usciti a fare spese, e che se non li avessi trovati in casa non avrei dovuto preoccuparmi perchè non mi stavano abbandonando, erano solo usciti. A volte l'ironia di due sessantenni in amore mi spiazza.
Ma questo me lo ero dimenticato. Mi aspettavo di trovarmeli lì, aldilà del blindato, mia mamma che stira, mio padre che fa pacchetti. E invece no.
Casa mia tutta per me.
E' buio. Chiudo la porta e mi avvio verso quella della cucina.
Sono con ancora giacca, cappello, sciarpa, guanti e valigia a seguito.
Ringrazio il signore di essere da sola, perché questo forse è l'unico momento in tutta la settimana in cui sono solo io. Non fisicamente intendo. Solo io a sapere come sto.
Solo io in piedi al buio, illuminata solo dalle luci di natale fuori sul balcone.
Allora mi spoglio. Mi infilo i pantaloni della tuta e mi levo scarpe e calze per sentire a piedi nudi il calore del pavimento. A casa mia di regola ci sono dai 22 ai 24 gradi.
poi piano piano mi rendo conto che il tallone in realtà non mi faceva male solo perché era assiderato, e infatti ora che riprende forma e colore comincia a farmi piangere.
Poi arrivano, i miei. Pieni di borse, che discutono di chissàcosa.
E' meglio che vada a farmi una doccia.
A cena guai a cambiare canale perché ci sono i cinquant'anni dello Zecchino d'oro. Olè.
Intanto mangio ravioli in brodo fatti in casa. Li abbiamo sottratti da quelli natalizi.
Mia madre è una cuoca eccezionale. Mio padre è un pirla. Pur sempre eccezionale.
E' finita. Questa settimana, che chiude uno dei due mesi più lunghi, emozionanti e faticosi della mia vita, è finita. E io ve lo dico subito: stacco tutto. Spina, cuore e cervello. E cellulare. E se non dovessi lavoricchiare da casa, anche il computer.
Ma sono felice. Anche per questa volta la pelle me la sono portata a casa.
Con un po' di lividi – e non è ne una metafora, ne una citazione di ligabue, ne nient'altro che così – con un po' di virus in corpo e con un sacco di tempo tutto per me che non ho ancora avuto modo di utilizzare.
Vorrei starmene da sola. Almeno un po'.
Anche a Natale.
Mia nonna punta i piedi per passare il natale a casa da sola.
Io l'ho supplicata di passarlo insieme.. io e lei.
Lei che essendo piacentina cucinerà cose sublimi e le mangerà in un'oretta e mezza.
Frutta secca, mandarini, panettone e torrone morbido per lei e duro per me e poi tutte e due a fare il riposino. No?
No. Mi ha detto di no.
E allora adesso mi sdraio un po'.
Mi faccio venire questa maledetta febbre che mi bussa sulla spalla da più di due mesi e non ho avuto ancora tempo di aprirle.
di tempo forse ora ne ho un po' di più.. e me ne vado.
d.
ps. buone feste.. vi auguro un duemilaeotto ricco almeno la metà delle emozioni che ho vissuto io. dico 'almeno la metà', così vi tenete buona l'altra per il 2009, perchè io mi sa che ormani mi sono giocata già tutto. stiamo a vedere come va.
Camminare trascinandomi dietro una valigia a rotelle da Missori fino a Loreto.. perché Milano è bella, e parlare a lungo, mentre si cammina a lungo, è formidabile.
Intanto ti guardi attorno e osservi, ridi e ascolti le persone che ti passano accanto vivendo un po' delle loro storie.. e poi ridi ancora perché le storie degli altri sono sempre più divertenti delle tue.
O quasi.
Pensi che sei amata, ma non hai tempo, voglia e bisogno di esserlo. Anche se sai che forse non è così.
Allora cammini. Non ti fermi e continui ad andare: "Scendiamo alla prossima?".
E mentre lo fai pensi che è molto strano che il tuo tallone che soffre di tendinite cronica non abbia ancora preso fuoco e urlato pietà.
E che non ti abbia ancora mandato a 'fanculo perché ti ostini ad indossare scarpe senza suola.
Incontri una che in inglese e a gesti ti chiede una sigaretta.
Non fai in tempo a mettere via il pacchetto e a cercare l'accendino in tasca che la miss ti dice battendo i piedi che se le dai d'accendere forse riesce anche a fumarla. Ma certo.
Chissà se anche in Inghilterra si usa dire "Vuoi anche un polmone?"
Arriva il momento di scendere sotto terra: Loreto, linea verde. Sono le 20.20
Salgo a fatica sul vagone, l'ultimo.
Arrivo a destinazione.. qualcuno direbbe 'verso le colonne d'ercole'.
Questa volta scendo alla fermata di Cascina Antonietta, uno dei posti più inculati al mondo.
Penso che come località esista solo in funzione del metrò.
Ha l'unico parcheggio dove non passano per la pulizia strade e non fanno il mercato comunale.. mi fa venire gli occhi lucidi.
E' comoda, come stazione, quando devi lasciare la macchina parcheggiata a lungo.
La metto lì anche perché l'ultima volta l'ho messa a Gorgonzola per cinque giorni. Me l'hanno portata via.
Stai davvero per arrivare.
Stai davvero per staccare la spina da tutto.
Casa è sempre più vicina.
Scendi dall'ultimo vagone in una stazione in cui non accendono nemmeno tutte le luci.
In particolare alle nove e un quarto di venerdì 21 dicembre.
Sei la sola a scendere a lì.
Esci dalle porte, appoggi la valigia a rotelle e ti fermi.
Metti bene la sciarpa, i guanti e poi il berretto.
Prendi il sacchetto dei regali, allunghi la maniglia e sei pronta ad uscire (prima, ovviamente, di aver fatto due rampe di scale).
Esci e scuoti la testa.
Poi fai un sorriso, ma è di imbarazzo con te stessa.
Poi chissenefrega, non c'è in giro nessuno e ridi tanto.
Il parcheggio enorme è ormai deserto e tutto ghiacciato.
La mia Punto Sole mi attende da una settimana al freddo e al gelo e ora che non ha nessuna macchina attorno mi rendo conto di come cazzo l'ho parcheggiata. Ma lasciamo stare.
Mi avvicino e tiro fuori le chiavi.
Cerco di aprire la portiera dietro per infilare la valigia, ma per prima cosa scelgo di accendere la macchina, sempre se parte ancora, e cominciare a scaldarla.
Poi mi avvio a recuperare la valigia lasciata in solitaria ad attendere davanti alla portiera posteriore.
Mi avvicino alla maniglia.. tiro. Forte. Tiro forte. Ma non si apre. E' completamente congelata.
Allora metto il cadavere a rotelle nel baule, chiudo e salgo in auto.
Prendo il disco orario che funge anche da spatola per grattare via il ghiaccio e comincio l'opera.
Sono lenta, non ho freddo e non ho fretta.
Sono da sola in un parcheggio con intorno campagna e poche case.
Tolgo il ghiacchio con una precisione certosina (io? ..si, io!).
Poi. Mi fermo un attimo.
Tiro un lungo sospiro.
Nick Drake mi suona "Which will" e poi mi coccola con "Horn".
E sto bene come mai.
Salgo in macchina e prendo a tornare a casa.
Arrivo, parcheggio, tolgo il cadavere-valigia dal baule, apro il cancello, salgo in ascensore e apro la porta di casa. Casa mia.
I miei mi hanno chiamata nel pomeriggio per dirmi che sarebbero usciti a fare spese, e che se non li avessi trovati in casa non avrei dovuto preoccuparmi perchè non mi stavano abbandonando, erano solo usciti. A volte l'ironia di due sessantenni in amore mi spiazza.
Ma questo me lo ero dimenticato. Mi aspettavo di trovarmeli lì, aldilà del blindato, mia mamma che stira, mio padre che fa pacchetti. E invece no.
Casa mia tutta per me.
E' buio. Chiudo la porta e mi avvio verso quella della cucina.
Sono con ancora giacca, cappello, sciarpa, guanti e valigia a seguito.
Ringrazio il signore di essere da sola, perché questo forse è l'unico momento in tutta la settimana in cui sono solo io. Non fisicamente intendo. Solo io a sapere come sto.
Solo io in piedi al buio, illuminata solo dalle luci di natale fuori sul balcone.
Allora mi spoglio. Mi infilo i pantaloni della tuta e mi levo scarpe e calze per sentire a piedi nudi il calore del pavimento. A casa mia di regola ci sono dai 22 ai 24 gradi.
poi piano piano mi rendo conto che il tallone in realtà non mi faceva male solo perché era assiderato, e infatti ora che riprende forma e colore comincia a farmi piangere.
Poi arrivano, i miei. Pieni di borse, che discutono di chissàcosa.
E' meglio che vada a farmi una doccia.
A cena guai a cambiare canale perché ci sono i cinquant'anni dello Zecchino d'oro. Olè.
Intanto mangio ravioli in brodo fatti in casa. Li abbiamo sottratti da quelli natalizi.
Mia madre è una cuoca eccezionale. Mio padre è un pirla. Pur sempre eccezionale.
E' finita. Questa settimana, che chiude uno dei due mesi più lunghi, emozionanti e faticosi della mia vita, è finita. E io ve lo dico subito: stacco tutto. Spina, cuore e cervello. E cellulare. E se non dovessi lavoricchiare da casa, anche il computer.
Ma sono felice. Anche per questa volta la pelle me la sono portata a casa.
Con un po' di lividi – e non è ne una metafora, ne una citazione di ligabue, ne nient'altro che così – con un po' di virus in corpo e con un sacco di tempo tutto per me che non ho ancora avuto modo di utilizzare.
Vorrei starmene da sola. Almeno un po'.
Anche a Natale.
Mia nonna punta i piedi per passare il natale a casa da sola.
Io l'ho supplicata di passarlo insieme.. io e lei.
Lei che essendo piacentina cucinerà cose sublimi e le mangerà in un'oretta e mezza.
Frutta secca, mandarini, panettone e torrone morbido per lei e duro per me e poi tutte e due a fare il riposino. No?
No. Mi ha detto di no.
E allora adesso mi sdraio un po'.
Mi faccio venire questa maledetta febbre che mi bussa sulla spalla da più di due mesi e non ho avuto ancora tempo di aprirle.
di tempo forse ora ne ho un po' di più.. e me ne vado.
d.
ps. buone feste.. vi auguro un duemilaeotto ricco almeno la metà delle emozioni che ho vissuto io. dico 'almeno la metà', così vi tenete buona l'altra per il 2009, perchè io mi sa che ormani mi sono giocata già tutto. stiamo a vedere come va.
Hai scritto delle cose bellissime, complimenti: il viale di cascina antonietta anche in estate, mezzo deserto, ha un suo fascino misterioso....
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