E' una cosa talmente banale che la si da per scontato.
Ma a me stasera è successo.
E' successo che un amico, un fenomeno, mi abbia detto:
"ci fumiamo l'ultima 'zaga'?"
Ora. Non so voi. Ma io, la sigaretta, la chiamo solo 'sigaretta'.
Non 'cicca', non 'siga'.. ne tanto meno 'zaga'.
E nemmeno questo mio amico.
La chiama 'zaga', e tral'altro solo per prendere un pochino in giro i tamarri, il pol, un mio collega.
E succede così che questa parolina stupida detta a caso mi inchioda e mi riporta ad uno dei momenti più personali di questo duemilasette che mi ha lasciata a bocca asciutta.
Mi ha riportato a quest'estate, luglio, quando con bepi e vito abbiamo intrapreso una quattro giorni di caldo, afa e bestemmie in direzione sesto fiorentino.
Certo. Prima di partire io e il bepi abbiamo dato show al mercato comunale che c'è vicino a casa sua (zona tra staz. centrale-caiazzo-loreto) quando abbiamo visto capossela che si aggirava tra i banchi di frutta e verdura con la sua bella compagna.
Va be'.. a noi queste cose fanno sorridere.. facciamo gli scemi. Un po' lo siamo.
Come se non bastasse il bepi mi porta ad un negozio di dischi usati giusto per perdere un po' di tempo.
Bene.
Mi dirigo verso gli stranieri, lettera B e prendo in mano un vinile di Bowie.
Lo giro con una mano soltanto, lo avvicino per leggere i titoli.
Poi. Nel rimetterlo via lo rigiro e con l'angolo in alto mi prendo dentro il nasino.
Fosse solo quello. No infatti.. oltre al nasino prendo dentro l'orecchino al nasino e l'orecchino a sua volta prende dentro un capillare che esplode e mi fa protagonista della scena più splatter mai vista in quel negozio di dischi: dal mio naso escono fiumi di sangue rosso vivo.
Io sbatto la testa all'indietro, mi cadono gli occhiali a terra.
Il proprietario è terrorizzato all'idea che possa sporcare i suoi dischi.
Bepi un po' di marmo – non se lo aspettava mica – cerca e trova un pacchetto di fazzoletti, li tira fuori tutti e me li da tutti.
Io esco, con il vinile di Bowie ancora in mano e nell'altra dieci fazzoletti di carta uno in pila all'altro.
Bene. Dopo aver pagato un vinile degli Statos Quo e uno dei Talking Heads, possiamo andare ad aspettare vito.
Di quei quattro quattro gg toscani non ho tanto il ricordo di italia wave o dei concerti (certo.. alcuni saranno indimenticabili), ma ciò che mi batte in testa ancora è di come sia stata bene, di come sia stata io, da sola in mezzo a tutti, da sola con bepi e vito nella nostra casettina in culo al mondo sperduta in campagna tra cinghiali e trattori abbandonati.
Il silenzio di quelle ultime sigarette – ovviamente chiamate 'zaghe' per ricordare il pol – mi dava una serenità veramente rara, e dei compagni di viaggio così fighi ne ho trovati pochi.
Poi di colpo però ripenso ad un'altra situazione ancora più unica ed intensa.
È il mio pensiero felice del duemilasette.
Quel ricordo a cui ricorro nei momenti in cui ho bisogno di staccare la spina ma non posso farlo.
Penso a Roma.
A quest'estate, fine giugno.
C'ero stata un mese esatto prima, a maggio, con la persona che mi accompagnata e fatto strada per quasi sei anni.
Dopo quel weekend di maggio torno a milano, vado in ufficio e dico a tutti che sto male lontana da roma, che ci devo assolutamente tornare.
Il Panz mi capisce. Sa cos'è Roma.. sa cosa provo, e mi dice se mi è piaciuto il circo massimo. Io rossa di vergogna gli dico che non l'ho visto.. nemmeno passata accanto.
Sarà per la prossima volta. Anche se lui scuote un po' la testa. Evvabbe'!
Scarico la posta e leggo una mail del capo.
Mi manda a Roma.
A fine giugno.
Sheraton Golf Hotel Parco de' Medici (cioè le parole sono queste sei.. la sequenza che sia esatta o meno non me lo ricordo).
Cazzo.
I quattro giorni più belli di tutto l'anno. Davvero.
E arriva anche il mio momento più bello di tutto l'anno.
Decido di prendere la navetta dall'albergo e andare in centro: ho un amico che è qui per lavoro, è mesi che parliamo di incontrarci, e a maggio ci siamo sfuggiti per un pelo.La navetta ferma a piazza Venezia.
Me la ricordo abbastanza bene, so anche dove muovermi.
Scendo dalla navetta con in mano in telefono.
Sto scrivendo da cinque minuti un sms ad adriano per dirgli che sono arrivata mezz'oretta prima, e visto che lui sta a san giovanni, lo aspetto lì e mi faccio un giro.
La navetta riparte.
Chiudo il telefono e alzo gli occhi.
Dove cazzo è finita piazza Venezia?
E cosa diavolo è 'sto posto?
Idiota. Sono veramente un idiota.
Davanti a me, all'una e mezza di un giovedì di mezza estate, mi appare a tradimento il circo massimo.
Non lo so perché continuo a non crederci.
Ma sono lì. E non so nemmeno dove sta rispetto a piazza Venezia. Ma chi se ne frega.
E' tutto mio.. non c'è praticamente nessuno (giuro!) o almeno, è talmente grande che ci sarà anche un po' gente, ma è lontana.
Mi avvicino, attraverso la strada.
Provo a farci due passi, ma nei sandali mi entra di tutto e sotto al sole così, senza aver pranzato, si muore.
Mi metto dall'altro lato.
Mi siedo sui gradini all'ombra, tra una bottiglia di becks rotta e una sigaretta non del tutto spenta. Me ne accendo una anche io.
E sto lì.
Così.
Da sola.
Per fortuna.
Mando un messaggio. Anzi due.
Bello.
Bella io.
Bello tutto.
Solo per me.
Un pezzo di roma quasi deserta.
I clacson dietro nemmeno li sento.
Mamme coi passeggini.
Coppiette in amore.
E io come una stronza in quel momento sono la persona che sta più bene al mondo.
E quel momento, quella sensazione, quel profumo e quelle mani sudate non potranno mai essere paragonare a nulla.
Sono tutta io, lì così. In quell'istante.
A pensare a chissà cosa.
A pensare a me come mai prima.
Perché non era previsto io a roma.. da sola.. per lavoro.. per mille cose..
Poi adro mi chiama. Mi aspetta al colosseo.
Cartina alla mano. E via.
Senza nemmeno voler star lì di più.
E allora in questo periodo in cui si fanno bilanci, in cui ci si chiede come è stato l'anno passato e quali sono i propositi per quello nuovo, cosa abbiamo lasciato in dietro e cosa ci portiamo appresso, io vi dico due cose:
uno: il duemilasette per me sono io seduta su quei gradini al circo massimo;
due: il mio proposito per il duemilaotto è quello di imparare a memoria tutto il testo di "ma il cielo è sempre più blu" di rino gaetano;
d.
chi legge la mano, chi regna sovrano
chi suda, chi lotta, chi mangia una volta
chi gli manca la casa, chi vive da solo
chi prende assai poco, chi gioca col fuoco
Ma a me stasera è successo.
E' successo che un amico, un fenomeno, mi abbia detto:
"ci fumiamo l'ultima 'zaga'?"
Ora. Non so voi. Ma io, la sigaretta, la chiamo solo 'sigaretta'.
Non 'cicca', non 'siga'.. ne tanto meno 'zaga'.
E nemmeno questo mio amico.
La chiama 'zaga', e tral'altro solo per prendere un pochino in giro i tamarri, il pol, un mio collega.
E succede così che questa parolina stupida detta a caso mi inchioda e mi riporta ad uno dei momenti più personali di questo duemilasette che mi ha lasciata a bocca asciutta.
Mi ha riportato a quest'estate, luglio, quando con bepi e vito abbiamo intrapreso una quattro giorni di caldo, afa e bestemmie in direzione sesto fiorentino.
Certo. Prima di partire io e il bepi abbiamo dato show al mercato comunale che c'è vicino a casa sua (zona tra staz. centrale-caiazzo-loreto) quando abbiamo visto capossela che si aggirava tra i banchi di frutta e verdura con la sua bella compagna.
Va be'.. a noi queste cose fanno sorridere.. facciamo gli scemi. Un po' lo siamo.
Come se non bastasse il bepi mi porta ad un negozio di dischi usati giusto per perdere un po' di tempo.
Bene.
Mi dirigo verso gli stranieri, lettera B e prendo in mano un vinile di Bowie.
Lo giro con una mano soltanto, lo avvicino per leggere i titoli.
Poi. Nel rimetterlo via lo rigiro e con l'angolo in alto mi prendo dentro il nasino.
Fosse solo quello. No infatti.. oltre al nasino prendo dentro l'orecchino al nasino e l'orecchino a sua volta prende dentro un capillare che esplode e mi fa protagonista della scena più splatter mai vista in quel negozio di dischi: dal mio naso escono fiumi di sangue rosso vivo.
Io sbatto la testa all'indietro, mi cadono gli occhiali a terra.
Il proprietario è terrorizzato all'idea che possa sporcare i suoi dischi.
Bepi un po' di marmo – non se lo aspettava mica – cerca e trova un pacchetto di fazzoletti, li tira fuori tutti e me li da tutti.
Io esco, con il vinile di Bowie ancora in mano e nell'altra dieci fazzoletti di carta uno in pila all'altro.
Bene. Dopo aver pagato un vinile degli Statos Quo e uno dei Talking Heads, possiamo andare ad aspettare vito.
Di quei quattro quattro gg toscani non ho tanto il ricordo di italia wave o dei concerti (certo.. alcuni saranno indimenticabili), ma ciò che mi batte in testa ancora è di come sia stata bene, di come sia stata io, da sola in mezzo a tutti, da sola con bepi e vito nella nostra casettina in culo al mondo sperduta in campagna tra cinghiali e trattori abbandonati.
Il silenzio di quelle ultime sigarette – ovviamente chiamate 'zaghe' per ricordare il pol – mi dava una serenità veramente rara, e dei compagni di viaggio così fighi ne ho trovati pochi.
Poi di colpo però ripenso ad un'altra situazione ancora più unica ed intensa.
È il mio pensiero felice del duemilasette.
Quel ricordo a cui ricorro nei momenti in cui ho bisogno di staccare la spina ma non posso farlo.
Penso a Roma.
A quest'estate, fine giugno.
C'ero stata un mese esatto prima, a maggio, con la persona che mi accompagnata e fatto strada per quasi sei anni.
Dopo quel weekend di maggio torno a milano, vado in ufficio e dico a tutti che sto male lontana da roma, che ci devo assolutamente tornare.
Il Panz mi capisce. Sa cos'è Roma.. sa cosa provo, e mi dice se mi è piaciuto il circo massimo. Io rossa di vergogna gli dico che non l'ho visto.. nemmeno passata accanto.
Sarà per la prossima volta. Anche se lui scuote un po' la testa. Evvabbe'!
Scarico la posta e leggo una mail del capo.
Mi manda a Roma.
A fine giugno.
Sheraton Golf Hotel Parco de' Medici (cioè le parole sono queste sei.. la sequenza che sia esatta o meno non me lo ricordo).
Cazzo.
I quattro giorni più belli di tutto l'anno. Davvero.
E arriva anche il mio momento più bello di tutto l'anno.
Decido di prendere la navetta dall'albergo e andare in centro: ho un amico che è qui per lavoro, è mesi che parliamo di incontrarci, e a maggio ci siamo sfuggiti per un pelo.La navetta ferma a piazza Venezia.
Me la ricordo abbastanza bene, so anche dove muovermi.
Scendo dalla navetta con in mano in telefono.
Sto scrivendo da cinque minuti un sms ad adriano per dirgli che sono arrivata mezz'oretta prima, e visto che lui sta a san giovanni, lo aspetto lì e mi faccio un giro.
La navetta riparte.
Chiudo il telefono e alzo gli occhi.
Dove cazzo è finita piazza Venezia?
E cosa diavolo è 'sto posto?
Idiota. Sono veramente un idiota.
Davanti a me, all'una e mezza di un giovedì di mezza estate, mi appare a tradimento il circo massimo.
Non lo so perché continuo a non crederci.
Ma sono lì. E non so nemmeno dove sta rispetto a piazza Venezia. Ma chi se ne frega.
E' tutto mio.. non c'è praticamente nessuno (giuro!) o almeno, è talmente grande che ci sarà anche un po' gente, ma è lontana.
Mi avvicino, attraverso la strada.
Provo a farci due passi, ma nei sandali mi entra di tutto e sotto al sole così, senza aver pranzato, si muore.
Mi metto dall'altro lato.
Mi siedo sui gradini all'ombra, tra una bottiglia di becks rotta e una sigaretta non del tutto spenta. Me ne accendo una anche io.
E sto lì.
Così.
Da sola.
Per fortuna.
Mando un messaggio. Anzi due.
Bello.
Bella io.
Bello tutto.
Solo per me.
Un pezzo di roma quasi deserta.
I clacson dietro nemmeno li sento.
Mamme coi passeggini.
Coppiette in amore.
E io come una stronza in quel momento sono la persona che sta più bene al mondo.
E quel momento, quella sensazione, quel profumo e quelle mani sudate non potranno mai essere paragonare a nulla.
Sono tutta io, lì così. In quell'istante.
A pensare a chissà cosa.
A pensare a me come mai prima.
Perché non era previsto io a roma.. da sola.. per lavoro.. per mille cose..
Poi adro mi chiama. Mi aspetta al colosseo.
Cartina alla mano. E via.
Senza nemmeno voler star lì di più.
E allora in questo periodo in cui si fanno bilanci, in cui ci si chiede come è stato l'anno passato e quali sono i propositi per quello nuovo, cosa abbiamo lasciato in dietro e cosa ci portiamo appresso, io vi dico due cose:
uno: il duemilasette per me sono io seduta su quei gradini al circo massimo;
due: il mio proposito per il duemilaotto è quello di imparare a memoria tutto il testo di "ma il cielo è sempre più blu" di rino gaetano;
d.
chi legge la mano, chi regna sovrano
chi suda, chi lotta, chi mangia una volta
chi gli manca la casa, chi vive da solo
chi prende assai poco, chi gioca col fuoco
Commenti
Posta un commento