sabato sera ero seduta in un comodo quanto stretto sedile del conservatorio verdi di milano.
cadaverica e con trentotto di febbre ero lì stipata, in quarta fila mi pare, ad assistere ad uno dei concerti più belli ed intensi che i miei occhi e le mie orecchie abbiamo visto e sentito negli ultimi anni.
poco fa, in bagno, metto uno dei primi dischi degli Wilco, per riassaporare un po' di emozione.
parte "Can't stand it".
mi fermo davanti al piccolo stereo.
mi volto, veloce, nuda, mi trovo di fronte allo specchio.
l'autoerotismo non c'entra.
mi guardo, in volto.
sorrido e mi mordo un labbro.
cazzo come vorrei tenere con me quel sorriso.
come mi mancava in questi giorni.
come è stato liberatorio, sofferto, mio, per me, veloce, tirato, spuntato... bello. mio.
in due mesi ho pensato di aver stravolto il mondo.
ho scalato una montagna, ho lasciato a terra tutto e sono salita in vetta a respirare bene e a mangiare un po' di neve.
mi sono scottata al sole, mi sono fatta scompigliare i capelli, mi sono fatta seccare le labbra.
poi sono tornata indietro.
passo per passo.
coi piedini negli stessi punti esatti in cui li ho messi per salire in cima, guardando la vetta allontanarsi, dando le spalle a ciò che mi spettava.
sono ritornata a terra, e mi sono fatta un male cane.
non perché quello che mi spettava fosse deludente.
semplicemente perché a terra ci sono un sacco di cose che in quei due mesi mi sono scordata di avere. di avere da risolvere. o forse di avere e basta.
sono ritornata a me stessa.
lunedì mattina capossela, e via così.
sono andata la sera a cena con un caro amico e poi ad un concerto dove ho continuato a fare da tutor ad uno dei gruppi del music village, parlando come una macchinetta fino alle tre con una vodka in mano.
la mattina dopo, martedì, mi sono presentata fresca come una rosa a un colloquio con un pezzo grosso di una società appena nata che vuole me, solo ed esclusivamente me.
mi ha proposto un posto di lavoro coi controcazzi, coi fiocchi, con soldoni a fine mese.... mi ha detto quello che già sapevo dall'incontro precedente con il suo assistente, solo con paroloni da manager.
la sera sono andata al concerto dei green day contro voglia, per lavoro, quando avrei voluto starmene a casa, e invece alla fine mi brillavano gli occhi. sono tornata e ho scritto la recensione.
ho passato la mattina dopo, sempre più fresca e sempre più rosa, a casa della vanoni, dove mi sono presentata puntuale e con un mazzo di fiori.
mi sono fatta scaldare le mani dalle sue e le ossa dal sole caldo che entra nel suo attico in brera.
sono stata poi a scrivere veloce il pezzo e poi dall'altra parte di milano per un video ad un gruppo di ggggiovani di oggi, scortata da un tassista che mi ha fatto due-domande-due: stai bene? - io rispondo, e parte la seconda domanda - E invece, come stai?
dalle 19.00, ho passato il resto della serata a servire birre al pub e mettermi in tasca sessanta euro.
nel ritaglio di spazio di questi primi tre giorni della settimana, ho smosso mari e monti perché all'ultimo ho saputo che giovedì e venerdì sarei andata al tenco a sanremo, e lì all'artison ci si emoziona un po' sempre.
sempre dall'artiston ho chiamato il simpatico manager che martedì mattina mi aveva proposto un buon lavoro (l'ho chiamato perché per quel venerdì voleva un orientamento...).
gli ho detto che non mi interessa. gli ho detto che mollare il mio, di lavoro, per farne un altro senza passione e che non conosco, non fa per me. non adesso. ecco.
ho chiaccherato con buja che non vedevo da tempo e mi mancava un po' zanetti.
sabato ritorno in treno, con una bionda, una bellissima donna sui quaranta, ma proprio troia, visto che non faceva altro che ostentare la sua appartenenza all'estrema destra e il suo odio nei confronti dei 'tipi di colore'.
sabato sera wilco a milano, febbre.
domenica, febbre.
domenica sera, pub, sessanta euro in tasca.
domenica notte, 39 di febbre.
lunedì 39.4
martedì 37.2
mercoledì, lavoro.
domani, lavoro e pub e via così.
e non ho tempo.
per nulla.
per me sì, ma poco e brutto.
per mettermi a pensare, no.
sono egoista.
e odio i cicli e odio le coincidenze, ma due anni fa ho lasciato gio, dopo sei anni.
poco dopo, a fine ottobre 2007, mi hanno rubato il telefonino e mi si è fuso il pc al lavoro, perdendo tutto.
due settimane fa mi si è rotto il telefonino, mi si è rotto il pc al lavoro e mi si è rotto il pc a casa.
ho lasciato andare, o meglio, ho mandato via una persona che tutto si merita tranne che di stare in pensiero per me, e non mi ricordavo facesse così male.
e non mi piaccio quando sono così.
non mi piaccio perché vado in stand by con il mondo.
non mi piaccio perché ci sono già passata e coccolo nell'isolarmi.
e per quanto mi serva, farlo, mi rendo conto che per chi mi sta attorno è incomprensibile.
e allora, rileggendo quello che scrivevo giusto giusto un anno e undici mesi fa, mi viene da pensare che più giochi più la gente ti vuole vedere giocare.
e allora sto in panchina, promesso, per poco tempo.
poi guardo i tacchetti, e rientro in campo.
ma adesso mi siedo.
d.
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