Lost in the supermarket

Questa ve la racconto perché fa ridere. In realtà poi se ci penso fa anche un po' piangere, ma il bello dell'essere stati disperati è anche questo.

C'è stato un periodo in cui appena avevo un'ora libera andavo al Centro Commerciale. Ce ne è un dietro casa mia, ad Assago, e quando mi è capitato di lavorare lì vicino, in zona Romolo, appena scattava l'ora della pausa pranzo mollavo ufficio e colleghi e andavo lì. Non volevo parlare, non volevo pensare. Non volevo avere un'ora libera per poter affrontare i problemi che stato vivendo in quel momento. 
Volevo solo riempirmi gli occhi di colori, vestiti, gente e via così. 
Tutti i cazzo di giorni.

Era un periodo di transizione: avevo lasciato un lavoro che mi dava una sicurezza economica importante e che mi permetteva di mantenere i miei lavori musicali. Avevo lasciato la casa confortevole del mio ex e me stavo stipata in una camera di un appartamento in condivisione che odiavo e dove per fortuna non ci stavo mai perché vivevo dal mio nuovo fidanzato che però a sua volta aveva ancora in giro per casa tutto della sua ex. Sapevo che avrei dovuto cercarmi un altro lavoro e mi prendevo un'ora di "in giro a zonzo" per osservare i cartelli di "cercasi commessa" perché i quel momento era la cosa più rassicurante da fare. La cosa che mi faceva respirare.

Mi ricordo che non lo dicevo a nessuno. Mi inventavo delle scuse in pausa pranzo. Devo pagare una bolletta, vado a pranzo con un amico, torno a casa perché aspetto un pacco, devo controllare il gatto dei vicini, vado al Libraccio... E anche con il mio attuale compagno mi vergognavo. Glielo nascondevo quanto conforto mi dava entrare al centro commerciale, perdermi tra Zara Home e Oysho, andare alla Feltrinelli e comprarmi un libro. 

Mi sentivo come una tossica. 
Una dipendenza vera e propria. 
Il centro commerciale era il mio segreto.
Me ne vergognavo ma non potevo farne a meno, mi faceva sentire così bene.
E' stata la mia isola felice per diversi mesi. Poi ho smesso.
All'improvviso. Le cose sono rientrate.
Ho trovato lavoro (il mio attuale), sono andata in vacanza con il mio nuovo fidanzato, e su una spiaggia dell'isola di Brac in Croazia sono scoppiata in lacrime perché il giorno dopo saremmo ripartiti e io non volevo assolutamente ritornare ad andare al Centro Commerciale per sentirmi meglio. 
Io volevo una casa, un posto dove stare, dove mettere le mie cose e non lasciarle più in un easy box. Volevo smettere di pagare 550 euro per una stanza in affitto quando avrei potuto usare quei soldi per contribuire alle spese di una casa insieme. Volevo il mio cazzo di posto nel mondo. E l'ho avuto. Con tenerezza.

Adesso, quando rientro al Centro Commerciale, ricordo benissimo lo stato d'animo che avevo quando ci andavo per placare le mie ansie.
Ricordo esattamente il profumo dei negozi e il giro assurdo e veloce che facevo per non rientrare tardi al lavoro. 
Ero diventata velocissima in auto, a fare quei pochi chilometri di tangenziale. Che pazza.

Voi non avete avuto situazioni simili in passato, che ora a ripensarci vi viene da ridere? O da piangere.







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