Che sarebbe stato un anno difficile, quello del 2019, avrei dovuto immaginarlo da subito. Ero entrata in una profumeria a comprare un mascara waterproof e ne ero uscita con una mascara a prova di lacrima: “Non è proprio resistente all’acqua signora, ma se piange non le cola”. Ah. Ma perché mai dovrei piangere. Perché mai il 2019, il nuovo anno, dovrebbe essere peggiore di quello precedente in cui ho perso mia madre o di quello prima ancora, dove ho passato sette mesi in stampelle mentre diventavo mamma per la prima volta?
Ah, perché il pap test di febbraio è positivo. E anche le visite seguenti non vanno un granché bene. E anche l’esito dell’istologico non è a posto, mi dice il mio bravo medico il 3 settembre, mentre sono in spiaggia a guardare Amanda e Jacopo che giocano tra le onde del mar di Sardegna.
Carcinoma alla collo dell’utero, dice. Facciamo un’isterectomia. Ma non qui al Buzzi, ti mandiamo all’Istituto dei Tumori.
Ma certo cazzo, son qui apposta. E così ciao ciao utero, tube, cervice, parte alta della vagina (cosa?)... Togliamo tutto. Le ovaie te le lasciamo. Grazie, gentilissimi.
La telefonata per il ricovero arriva il giorno del mio compleanno. La sera stessa il mio corpo fa scattare il salvavita e mi sale la febbre a 38. L’operazione viene rimandata a venerdì 6 dicembre, giorno del compleanno di mia madre. Perché tutto torna. Eccome se torna.
L'operazione è andata bene, benissimo. Ho avuto paura giusto un attimo la sera prima. Paura di morire, paura dell'anestesia, paura dell'ignoto, paura del dolore, paura di essere aperta, di nuovo, dopo il cesareo, nello stesso punto. Paura di dire addio ai miei organi interni (che romanticona, l'avreste mai detto?). Paura di quello che sarebbe stato dopo. Paura di non essere forte abbastanza, di crollare in un pianto di disperazione quando alle 6 del mattino mi sarei dovuta svegliare per preparami. Tamponi, lavande, doccia con disinfettante. Ma non è successo. Non ho avuto più paura. Il giorno dell’operazione è stato tutto così inaspettatamente calmo, calcolato, rapido, guidato, che lasciandosi andare quel che basta - cosa per me inimmaginabile -, il magone è rimasto dov'era, cioè in gola. Ma nulla può cancellare le sensazioni provate la sera prima. Una paura fottuta, un turbinio di emozioni da cui non ne esci viva, un unico pensiero: “voglio la mamma".
E invece ho un papà fortissimo e dei fratelli meravigliosi, ed io modestamente mi sono scelta un compagno avanti anni luce, per cui superato un po' di spavento, con i miei uomini intorno, è filato tutto liscio.
Ho avuto un’ottima ripresa e nonostante sia stato un intervento invasivo non ho sofferto molto. Giuro. Mi hanno più colpito il pre e il post operatori, perché sei lì con il tuo corpicino e non sai come ti risponderà, se farà il suo dovere, se sarà all'altezza, se reagirà bene, come e quando lo farà. Sei lì, con i tuoi limiti, con un sacco di cose che si devono rimettere al loro posto e altrettante che ti devi gestire da sola.
Ed è meglio che inizi da subito a muoverti da sola, in questo mondo nuovo. In solitaria fai, sbagli, impari, osservi, analizzi, ti commuovi. E' tutto un attimo. L’ho trovato forse doloroso e spiazzante, ma ho anche poi capito che è per questo che sono riuscita ad affrontare tutto quanto con più serenità. Perché io le cose che non conosco devo prima capirle a modo mio, da sola. Annusarle, farmici male, metabolizzarle. Poi posso dirmi davvero pronta per condividerle. Poi posso dirmi davvero preparata per parlarne.
Grazie però a chi mi è stato accanto. Sapere che alcuni amici hanno un po' imparato a starmi vicino - che non è sempre facile - mi ha permesso di concentrarmi molto sulla guarigione, che di energia e di forza di volontà ne ha richiesta davvero tanta.
E' servita anche tanta pazienza. Che io sono famosa per non avere, tra l’altro. Così come sono famosa per essere un orso, per essere una che fa vedere poco e non chiede aiuto. Alcuni amici mi hanno rimproverata di aver detto tutto all’ultimo, altri mi hanno chiesto come ho fatto a stare calma. Sta di fatto che non sono cose facili da dire, perché prima le devi realizzare, le devi accettare. Impari anche in fretta a farlo, tipo quando devi correre all'Asl per farti mettere il codice di esenzione dal ticket ospedaliero. Esenzione che "le spetta di diritto, signora, in quanto malata di cancro". 'Fanculo. Malata di cancro ci sarai tu. E invece no, ero io, ero davvero io.
Parlo al passato perché quello che c'era da togliere era tutto molto piccolo, è stato tolto con successo e preso super in tempo. Gli esiti che sono arrivati di recente sono ottimi, per cui non dovrò fare nessun tipo di terapia, solo qualche controllo. Ma lo sapevamo già, le premesse erano buone. Vedete, non è un problema parlarne, ma ci riesco davvero bene solo a bocce ferme. Non sono una che ama rischiare. Non mi sento mai così importante da prendere il sopravvento nelle vite degli altri. Poi non sopporto dare pensieri. Mi mette in imbarazzo, mi sento di dovermi giustificare, di dover consolare io chi mi sgrana gli occhi davanti... non ci sono portata. Non la so reggere quell’attenzione su di me, e anche ora che sto pubblicando questo post, ci sto pensando seriamente se premere invio o meno.
Ma sono qui, a scrivere anche a chi mi conosce poco, a parlare di una cosa intima e personale. E l'ho fatto solo per dirvi una cosa, cioè che la prevenzione ci salva la vita. Anche un buon mascara, certo, ma di più la prevenzione. Fate le visite, fatevi controllare. Adesso. Non domani. È l’unico motivo per cui sono qui, ora.
Io sto bene. È tutto passato e mi sembra tutto così lontano... La cicatrice mi sorride, mia figlia anche. Ho solo lei ed è l’unica che posso avere, per cui me la tengo stretta. Jacopo è una persona grande grande, è stata la mia salvezza e non è la prima volta. Cercatevi un compagno buono e coraggioso, che sappia prendersi cura di voi e che vi faccia sentire amate. No, non è poco, lo so. Ma è quello che ci meritiamo cazzo. Non sono mai entrata in crisi anche grazie lui. Non ho avuto problemi perché hanno tolto il mio essere femmina. Non ci ho pensato a dire il vero. Non mi dispero per il fatto che non avrò più figli, anche se all’inizio faceva un po’ male vedere tutte le mamme dell’asilo di nuovo incinta. Ci saranno altre occasioni, in futuro, in cui farà ancora male, di un male nuovo, inaspettato. Ma adesso capisco tutto un po' meglio, e penso sia un bene. Quindi forse è vero che non tutti i mali vengono per nuocere. Ma anche 'sti cazzi.
Commenti
Posta un commento